Ho approfittato della riapertura dei musei a Milano per vedere a Palazzo Reale “Divine e avanguardie, le donne nell’arte russa”.
Un momento tutto mio per riassaporare bellezza, colori, storia, cultura dopo il lungo periodo di chiusura delle esposizioni. I nomi “importanti” sono pochi (Kasimir Malevic, Natalia Goncharova, Vera Muchina), allo stesso modo i quadri famosi che tanto attraggono le persone in massa (in tempi pre-Covid) ancora meno. Meglio. Poche aspettative, solo puro piacere del guardare… nessun rischio di rimanere delusa! E così è stato.
Le donne sono le assolute protagoniste dell’esposizione: tra antiche icone con rappresentazioni di vergini e sante, tele neoclassiche con ritratti di zarine e nobildonne in pizzi e abiti da sera, io mi sono appassionata alle contadine, alle donne comuni e, soprattutto, alle artiste russe delle avanguardie. Donne come muse e donne come artefici dell’arte. Gli abiti semplici, il lavoro nei campi o in fabbrica, la vita nelle izbe, le regole familiari e sociali pre e post rivoluzione d’ottobre, certamente non un’esistenza facile o piacevole per il genere femminile in questo Paese. E capisci, inoltre, che nobildonne o popolane sono tutte accomunate spesso da una vita faticosa, da drammi familiari o da una fine tragica…
I 90 capolavori divisi in otto tematiche sono anche l’occasione per riflettere sulle conquiste femminili e la parità di genere, su che cosa rappresentavano le donne nella società russa e (forse) anche un po’ su come sono viste oggi, ovunque. E’ un universo ampio e complesso, qui dipinte attraverso i gesti pittorici di artisti maschi che vedono le donne come muse. Per esempio, le contadine rappresentate con i corpi “essenziali”, del suprematismo di Malevic. Oppure le principesse, dipinte con pennellate realistiche che ne esaltano il potere, la bellezza e la ricchezza, come quelle di Dmitry Levitsky. Le madri, mitizzate in visioni magiche e irrealistiche, come la donna con il bambino in braccio di Boris Kustodiev… Ma le donne vere, per me, sono quelle di Zinaida Serebrjakova, i nudi hanno corpi reali e attuali, le ballerine sembrano modelle di una sfilata senza tempo secondo la sensibilità di una pittrice dalla vita difficile (tanto per cambiare), che non conoscevo, ma che d’ora in poi amerò.
Insomma, le donne del periodo delle avanguardie russe sono tutte belle, poetiche, tristi, energiche e allo stesso tempo fragili. Da incontrare e conoscere, per scoprire le loro vite. Sono lo specchio di una nazione in un momento cruciale della sua storia, ma sono in molti casi la rappresentazione di una realtà ancora molto attuale.