Sono stata a Genova, in visita alla mostra di Maurits Escher, l’incisore olandese che, con i suoi mondi immaginari, ha ispirato la grafica, la fumettistica e persino la musica contemporanea
Mi trovavo a Genova alcuni giorni fa e mentre camminavo nel centro storico, tra caruggi e cattedrali gotiche, mi sono imbattuta in una mostra delle opere di Maurits Cornelis Escher (1898-1972), visitabile dal 9 settembre fino al 20 febbraio del 2022, a Palazzo Ducale. Proprio di recente mi ero imbattuta nel suo mondo immaginifico in una trasmissione televisiva e mi è parso che questo secondo incontro fosse da cogliere al volo. Un secondo appuntamento da cui poteva scoccare la scintilla… Insomma, non potevo perderlo!
Le sue opere più famose
La mostra non delude. Anzi, è completa, emozionante, immersiva per lo spettatore che può interagire con i lavori di Escher. Tantissime le opere (oltre 200), alcune tra le più rappresentative dell’artista e altre meno note, ma mai sottotono. Qualche esempio? “Mano con sfera riflettente”, “Vincolo d’unione”, “Metamorfosi II”, “Eye”, oltre a molte incisioni ispirate alla Roma notturna e ai paesaggi d’Italia, dove l’incisore ha vissuto dal 1922 al 1935, affascinato soprattutto dalle atmosfere del Sud.
Arte e matematica insieme
La mostra parte proprio da qui, dai suoi lavori figurativi, dai paesaggi a lui noti, per evolvere nelle sue incisioni più famose, in cui appare evidente il suo obiettivo di rendere graficamente dei principi matematici. Per questo, Escher è stato molto più che un artista. E, infatti, lui non si riteneva tale. Così, con scale, specchi, illusioni ottiche ha unito due realtà apparentemente distanti, quella della matematica e quella dell’arte. Ma anche della filosofia e dell’arte… Forse è questo doppio o triplice significato dietro le sue incisioni che ha affascinato il mondo psichedelico dei gruppi rock degli anni Settanta, ma anche del design, fino a invadere le strisce di alcune storie a fumetti!
“Solo coloro che tentano l’assurdo raggiungeranno l’impossibile”
M. C. Escher
Tutto si trasforma
Mi sono soffermata su “Metamorfosi II” e guardando questo quadro mi interrogo su ciò che per l’autore ha significato la parola cambiamento. Per lui che tutto era evoluzione, metamorfosi appunto: la parola che descrive meglio Escher stesso, oltre che le sue opere, dove l’indefinito diventa definito e dietro l’astratto si celano figure. I suoi quadri sembrano parlarti e chiederti: “Come si esce dal caos?” “L’esistenza è illusione o realtà?”. Sì, perché se fissavo troppo a lungo una sua opera mi sembrava di diventare io stessa parte di questa illusione, di venire risucchiata in una specie di magia… Lo stesso gioco magico che facevo da bambina davanti alle ante con due specchi nell’armadio di mia madre. Mi ci riflettevo e cercavo di contare e catturare gli infiniti mondi (e le infinite me) racchiuse in quei rettangoli di spazio. Dalla mostra si esce emozionati ed inquieti, perché ti sembra di non avere visto semplicemente opere d’arte, ma di aver letto un libro di filosofia, un racconto alla ricerca del significato della vita.